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Le strade della poesia. Intervista a Barbara Pumhösel, Carlo Marconi e Alessandro Riccioni

In quante direzioni va la parola poetica?


In occasione del secondo appuntamento pubblico della “Primavera poetica” di Rignano sull’Arno, abbiamo rivolto ai tre protagonisti, Barbara Pumhösel, Carlo Marconi e Alessandro Riccioni alcune domande sul loro rapporto con la poesia.


Le loro splendide risposte renderanno ancora più vivo il desiderio di assistere allo spettacolo che li vedrà protagonisti, ne siamo certe.


A quale momento della vostra vita associate l’innamoramento per la poesia?


Barbara: Al periodo prescolare, sicuramente: allora il tempo scorreva in modo diverso… non posso dire proprio l’età precisa, intorno ai quattro anni forse, non sapevo ancora né leggere né scrivere, adoravo le poesie nonsense in dialetto, le poesie alla radio e imparavo quelle che mia madre sapeva a memoria.


Carlo: Le filastrocche mi hanno affascinato sin da piccolo per via delle rime che hanno qualcosa di magico: parole che si attraggono come calamite e rimangono in testa, nella mente. Ma credo di essermi innamorato della poesia da studente, leggendo i versi di Dante, di Leopardi e di Montale.


Alessandro: Più che a un momento, penso a un gesto, quello di mio padre che, quando avevo 4 anni, mi ha insegnato, sotto forma di gioco, a leggere e scrivere. Ricordo come fosse ora come mi disegnava le lettere dell’alfabeto nell’aria. Con la sua mano sottile che sapeva fare tutto. Era la stessa mano che mi portava fuori, che mi accarezzava la sera prima di dormire. E poi, se proprio devo indicare un’altra eredità lasciatami da mio

padre, questa sì legata a un momento, è quando mi portò vicino alle montagne che circondano il mio paese, per farmi conoscere l’eco. Anche in quel giorno, la sua voce e la sua capacità di giocare con le parole, pur avendo studiato molto poco come succedeva allora, mi regalarono un’idea di ascolto che resta, per me, legata indissolubilmente alla poesia. Non c’è poesia senza un tu e, quindi, senza la volontà di ascoltare, di mettersi in relazione con il mondo e con gli altri. Ho cominciato a scrivere poesie molto presto, non tanto per pubblicare libri (quello è avvenuto molto tempo dopo) quanto e molto di più per continuare il gioco di mettermi in relazione con quello e quelli che mi circondavano, che percorrevano con me alcuni tratti della mia vita. Si è trattato di un “innamoramento” indotto, ma mai regalo fu più prezioso.


Quali sentieri ha aperto la poesia nella vostra vita?


Carlo: La poesia mi invita a osservare il mondo da angolature inconsuete e inusuali e mi ha insegnato che la realtà è composita, fatta di sfumature e di significati a volte diversi e in contrasto tra loro. La poesia mi ha educato al piacere del suono, al gusto della sosta, al rispetto del silenzio.


Alessandro: Mi piace, a volte, pensarmi come un antico viandante sulla cui pelle è disegnata parte di una mappa che altri hanno imbastito e altri ancora, poi, completeranno. Mi vedo nel momento in cui, stanco, tento di far combaciare il mio ultimo passo quotidiano con l’impronta che il passo di chi mi ha preceduto ha lasciato sulla terra. E’ il momento che precede la sosta, il riposo, l’agognata meta, quello in cui la certezza di non essere solo mi sorprende e la visione dell’altro mi appare. In quella pausa del cammino (è difficile definire cosa sia la poesia, spesso la chiamo cammino), e del respiro, in quello sguardo a due, la vita e la poesia si tengono e si fanno senso. Dico vita e poesia poiché la vita viene prima. Per prima cosa viene appunto la relazione con il tu che ci interroga, ci provoca, ci confonde, ci fa crescere. Se la poesia, così libera e gratuita, ha aperto qualcosa nella mia vita, quindi, è la moltiplicazione dei sentieri e delle strade, delle occasioni e delle possibilità.


Barbara: Sentieri obliqui, nascosti dentro di me, immaginari, ponti sospesi, gallerie quasi franate, strade d’ acqua percorribili in zattera, passaggi segreti, percorsi attraverso i labirinti del mio caos interiore, sentieri di aria su cui camminare senza toccare terra, sentieri di suoni, sentieri di scritture tutte collegate… sentieri verso mondi diversi e di versi.



E ora, una domanda crudele. Le vostre tre poesie preferite, non una di più 🙂


Alessandro: Solo 3? Non sono un lettore ben organizzato e leggo in maniera disordinata. Ci sono tuttavia alcune poesie che riescono ogni volta a rinfocolare in me l’amore per la parola, sia per come sono scritte, sia per cosa mi raccontano. Sarebbe troppo lungo spiegare perché scelgo le poesie che di seguito indicherò. Chi ha voglia di leggerle o di rileggerle, lo potrà fare facilmente.


Giuseppe Ungaretti – I fiumi

Eugenio Montale – Avevamo studiato per l’aldilà

Kostantin Kavafis – Per quanto sta in te.


Associo alle tre poesie tre parole che sintetizzano, in modo un po’troppo schematico, il perché di questa scelta:


I fiumi: paesaggio (nel senso più esteso del termine, oppure passaggio)

Avevamo studiato per l’aldilà: complicità (nell’ascolto, nel vivere, ecc.)

Per quanto sta in te: impegno (oppure, forse meglio, testimonianza)


Barbara: Un autore/ attore austriaco ha fatto una trasmissione leggendo le sue poesie preferite. Ne doveva scegliere venticinque, ho pensato che fosse una cosa molto difficile sceglierne così poche da tutto questo mondo di versi in tantissime lingue, da tanti paesi e qualsiasi tempo passato lontano vicino e tempo presente. Perciò faccio un tentativo di scelta per oggi:


Octavio Paz, Prossimo lontano

Christian Morgenstern, Fisches nachtgesang (il canto notturno del pesce)

Sabrina Giarratana, Venuti alla luce


Carlo:


Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io di Dante Alighieri

Il giorno ad urlapicchio di Fosco Maraini

La scia nel cielo di Sabrina Giarratana



Barbara Pumhösel, Carlo Marconi e Alessandro Riccioni vi aspettano domani, sabato 29 aprile, presso il ridotto del Teatro Cinema Bruschi, per lo spettacolo “Le strade della poesia”.



Per la redazione di qualcunoconcuicorrere.org

Bianca Santoro

Giada Niccolai


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